Qualche giorno fa abbiamo parlato dello yogurt, produzione casalinga compresa. Parlare di
come era fatto e come era prodotto voleva essere un mezzo per poter
parlare di un processo biologico per noi tanto comune da passare a
volte inosservato. Sto parlando della fermentazione, una
trasformazione chimica i cui ci imbattiamo più volte durante la
nostra vita di ogni giorno ma che spesso passa in sordina proprio a
causa della sua quotidianità.
Quando parliamo di
fermentazione ci riferiamo a un processo che in chimica viene
definito ossidativo anaerobico, compiuto da diversi tipi di cellule e
batteri
che utilizzano i carboidrati allo scopo di produrre l'energia
richiesta per il mantenimento del loro metabolismo. Perché
ossidativo e perché anaerobico? Bene, parliamo di ossidazione perché
si ha la trasformazione di una sostanza in un altra (vedremo dopo
alcuni esempi) attraverso una sottrazione di elettroni. Anaerobico,
invece, perché questi processi avvengono in assenza di ossigeno
(altrimenti si passerebbe a quella che viene chiamata in biologia
respirazione, ben diversa da quella che noi conosciamo comunemente, e
di cui parleremo più avanti). L'energia ottenuta da questo processo
viene utilizzata per la produzione di una molecola nota come ATP
(adenosin-trifosfato), che in pratica la immagazzina per rilasciarla
all'occorrenza. Ad accettare il flusso di elettroni che si genera in
questo processo ossidativo è una sostanza inorganica, diversa
dall'ossigeno nel caso dei processi che avvengono in anaerobiosi.
Nell'industria, ma come
abbiamo visto anche nella vita comune, questi processi vengono
utilizzati per la produzione di alimenti o per tutta una serie di
scopi diversi.
Nonostante sia un
processo il cui primo utilizzo si perde nella notte dei tempi della
storia dell'umanità, i meccanismi che lo permettono, in senso
chimico e biologico, sono decisamente recenti. Bisogna infatti
aspettare il XIX secolo perché qualcuno, ovvero il famoso Pasteur,
si renda conto che si tratta di una trasformazione operata da
microrganismi, e bisogna arrivare alla fine di quel secolo per capire
anche come avviene il processo in termini chimici.
Uno dei processi
fermentativi più noti è quello che porta alla produzione del vino,
che è anche quello che da il nome all'intero processo.
Fermentazione, infatti, deriva dalla parola latina fervere che
ha il significato di ribollire, esattamente quello che sembra
accadere al mosto nel processo che lo porta a diventare vino. Nei
primi giorni della fermentazione del mosto, il processo è così
violento da provocare dei movimenti che fanno pensare al ribollire
della mistura e perciò prende il nome di fermentazione tumultuosa.
Entriamo ora nel
dettaglio della fermentazione. Solitamente la molecola di partenza è
uno zucchero e nel caso dei processi fermentativi che avvengono in
anaerobiosi, mancando l'ossigeno, esso costituisce il punto di
partenza della reazione ed è nello stesso momento donatore e
accettore di elettroni. I due processi più comuni sono la
fermentazione alcoolica e la fermentazione lattica. Entrambe hanno un
punto iniziale in comune, la trasformazione della molecola di
glucosio in due molecole di acido piruvico (o piruvato). Per
ripristinare i livelli energetici, i due processi utilizzano strade
diverse, che portano alla formazione di molecole diverse.
FERMENTAZIONE ALCOOLICA.
In questo processo, la molecola di piruvato viene prima trasformata
in acetaldeide (con l'emissione di una molecola di anidride
carbonica), quindi in etanolo (detto anche alcool etilico), che è
l'accettore ultimo degli elettroni che si erano liberati nella prima
fase. Questo processo è utilizzato per la produzione di bevande
alcoliche ma non solo. Nella produzione del vino sono gli zuccheri
contenuti nell'uva (esposti tramite la spremitura) a essere ossidati
da lieviti del genere Saccharomyces
(naturalmente presenti sulla superficie dell'acino). In questo tipo
di reazione, dalla quantità iniziale di zuccheri si ottiene, in
condizioni teoriche, il 50% di etanolo, il 45% di anidride carbonica
e il 5% di glicerolo o altri sottoprodotti (che però sono
responsabili delle proprietà organolettiche del vino). Nella
produzione della birra è invece il malto d'orzo a essere fermentato
dallo stesso genere di lieviti. In questo caso, però, l'anidride
carbonica non viene espulsa ma rimane nel liquido ed è responsabile
di bollicine e schiuma. La produzione di queste bevande alcoliche è
divisa comunque in due processi distinti: il primo è la degradazione
degli zuccheri in condizioni di aerobiosi (con formazione di acqua e
anidride carbonica) e il secondo, che inizia quando l'ossigeno nel
mosto scarseggia e si esaurisce, è il processo di fermentazione di
cui abbiamo parlato fin'ora. Uno dei sottoprodotti della produzione
di birra è il cosiddetto lievito di birra, utilizzato per la
lievitazione nei panifici. Infatti, anche la lievitazione del pane è
dovuta a questo tipo di processo e le bolle d'aria che si formano
all'interno della pasta sono dovute proprio alle molecole di anidride
carbonica prodotte. Un altro prodotto molto antico (conosciuto già
da egiziani e celti) ottenuto con questo tipo di fermentazione è
l'idromele, ovvero un liquore prodotto lasciando a fermentare il
miele (e che può essere più o meno aromatizzato). Si tratta di una
bevanda che per quanto antica è ancora molto sconosciuta, ma la sua
prelibatezza ha fatto si che avesse l'appellativo di “nettare degli
dei”.
FERMENTAZIONE LATTICA. In
questo processo, invece, l'acido piruvico è l'accettore di elettroni
(senza formazione di intermedi) che lo trasformano in acido lattico.
Questo processo oltre ad essere utilizzato nel campo alimentare è
anche il responsabile, in condizioni di carenza di ossigeno, della
formazione di quell'acido lattico che causa l'affaticamento muscolare
in condizioni di sforzi intensi e prolungati. Responsabili di questo
processo di fermentazione sono le stesse cellule muscolari. La
reazione è reversibile e fornendo ossigeno, attraverso una leggera
attività aerobica, si permette al muscolo di riassorbire l'acido
lattico attraverso la sua riconversione in piruvato che poi entra nel
processo di respirazione cellulare per la produzione in aerobiosi di
energia. In campo alimentare sono principalmente i lattobacilli a
portare avanti questo tipo di reazioni. Un esempio è la produzione
di yogurt, di cui abbiamo già parlato. Altro caso sono i formaggi,
ma non tutti, che vengono prodotti da questo tipo di reazione.
Tipicamente, quelli prodotti attraverso fermentazione del latte sono
quelli che hanno i "buchi" (in gergo tecnico però si definiscono "occhiature"), che si formano a causa dell'accumulo in sacche dell'anidride carbonica
espulsa nel corso della reazione.
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