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Sì, viaggiare

Viaggiare. Un pensiero che ci lega a diversi aspetti della nostra vita, come il viaggiare per piacere o per lavoro. Viaggiamo per piacere per andare in vacanza, per andare a trovare la persona che amiamo o un parente che sono lontani. Viaggiamo per andare sul posto di lavoro (io, schiavo del pendolarismo) o per andare a una conferenza, una riunione o un corso di aggiornamento. Da sempre l'uomo si è affascinato al viaggiare.
E se da un lato l'ha preso a metafora della vita, dall'altro ha continuamente cercato il modo migliore per farlo nella maniera meno faticosa. Siamo passati dall'uso degli animali alle carrozze e alle auto. Abbiamo anche inventato navi e aerei, e se le prime sono utili per evitarsi faticose traversate a nuoto, i secondi hanno semplicemente sopperito a una mancanza dell'uomo. Un giorno viaggeremo anche verso le stelle (per piacere e per lavoro intendo, non solo per la scienza). Ma vi siete mai domandati cosa rappresenta per l'uomo la metafora del viaggiare. Il viaggio è strettamente connesso con la fuga dalla realtà, dalla solita vita di tutti i giorni. E questo non solo per piacere ma anche per lavoro: io, ad esempio, viaggio perchè lavoro in una città che mi ha dato molte più possibilità di quella in cui vivo, dove invece quando torno la sera riesco a staccare la spina e a godermi il mio tempo libero. E' un po' come se la sera andassi in vacanza in un altra città dove posso distrarmi dallo stress quotidiano. Il filosofo Socrate descriveva bene questo senso di fuga quando affermava "Perchè ti meravigli tanto se viaggiando ti sei annoiato? Portandoti dietro te stesso hai finito col viaggiare proprio con quell'individuo dal quale volevi fuggire." In effetti in viaggio noi fuggiamo dal nostro io quotidiano, quello legato al lavoro e alle responsabilità. Ma il viaggio, come dicevamo, ha anche la connotazione di una fuga dalla realtà e quando non possiamo andare via ci rifugiamo nei libri o nei film. A tal proposito, la poetessa Emily Dickinson diceva che "nessun vascello c'è che come un libro possa portarci in contrade lontane". In effetti non credo che tutti si possano permettere vacanze frequenti o lunghe e perciò adottiamo la lettura per compiere un viaggio immaginario, metaforico, verso posti lontani o avventure che ci allontanino dalla vita di tutti i giorni. Ma il viaggio è anche sinonimo di percorso, nel senso della serie di eventi che portano una persona verso qualcosa. Quante volte ci si è riferiti alla vita come a un viaggio, che di preferenza vorremmo compiere in compagnia. Ma anche il crescere, o il maturare, è un viaggio che compiamo con noi stessi. Sant'Agostino diceva che "il mondo è un libro e quelli che non viaggiano ne leggono solo una pagina", metafora del fatto che se non ci muove, se si rimane fermi e statici, non si può nè crescere nè imparare.

Sono moltissimi i riferimenti al viaggio nella cultura di ogni tempo e luogo e tanto ci sarebbe da discuterne ma alla fine credo che ognuno compia il "suo" viaggio e ognuno lo interpreta a "suo" modo. Perciò vi lascio riflettere su questo (e magari aggiungere anche altro). Prima però vorrei riportarvi due frasi che poco hanno di filosofico ma che nella loro ironia descrivono comunque bene il senso del viaggiare: se il cabarettista italiano Boris Makaresko affermava che "se Cristoforo Colombo fu così felice di vedere degli alberi dopo tanto navigare, figuratevi il suo cane", mostrando come se un viaggio è duro per noi per chi ci accompagna può essere anche peggio, molto ha anche da dire Woody Allen affermando che "un'autostoppista è spesso una giovane ragazza poco vestita che si trova sul vostro cammino quando siete con vostra moglie", ovvero non sempre le cose arrivano quando possiamo effettivamente coglierle!
Buon viaggio amici.

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