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Idee geniali nate da una passeggiata; il velcro.

Quando si è bambini molte cose sono difficili. Non sempre però ciò avviene perchè non sappiamo fare una cosa ma spesso perchè da piccoli abbiamo fretta di fare qualcosa! Ad esempio io da piccolo piuttosto che “perdere tempo” ad allacciarmi le scarpe prima di andare a giocare con gli amici magari “dimenticavo” o “tralasciavo” di allacciarle bene, con il risultato che molto probabilmente queste abitudini in tenera età fanno la fortuna delle ditte produttrici di cerotti. Poi la scoperta sensazionale di scarpe che potevano essere allacciate in pochissimi secondi, ovvero quelle che al posto dei lacci avevano una linguetta di velcro (la famosa chiusura a strappo). Ma che cos'è il velcro?

In realtà la parola velcro non indica un prodotto ma è il nome dell'azienda che produce questo sistema di chiusura. Sistema brevettato nel 1955 ad opera di de Mestral, un inventore svizzero. Ma l'idea risale a molti anni prima. Pare infatti che nel corso di una passeggiata in campagna, intorno al 1941, ai suoi abiti si fossero attaccati dei fiori di bardana, una pianta del genere Arctium caratterizzato da foglie (definite brattee e che accompagnano le infiorescenze) dotate di ganci attraverso cui possono attaccarsi al pelo degli animali (e ai vestiti) per essere trasportate e originare nuove piante lontano dal luogo in cui si trova la pianta che le ha prodotte. Arrivato a casa de Mestral si accorse di questi minuscoli fiori rossi attaccati ai suoi vestiti e analizzandoli al microscopio si accorse degli uncini che si trovano sulla loro superficie esterna. Concepì così un sistema di chiusura, inizialmente prodotta in cotone, poi sostituito dal nylon, in cui due strisce venivano sovrapposte, l'una formata da una striscia di tessuto (asola) su cui spuntano anelli di pelo, l'altra constituita da una striscia di tessuto (uncino) in cui spuntavano piccoli ganci flessibili. Quando le due striscie vengono a contatto fra loro gli uncini si incastrano saldamente agli anelli di tessuto della striscia opposta e bisogna esercitare una certa forza per separarle. Sarebbe stato calcolato che un quadrato di 5 centrimetri di lato di velcro potrebbe sostenere un peso di 80 kg. Queste caratteristiche fanno del velcro un ottimo sistema di chiusura per scopi diversi. Dicevamo, però, all'inizio che la parola velcro si riferisce all'azienda che iniziò a produrli (nel 1952) ma da dove deriva? Altro non è che la fusione delle due parole, VELours (velluto) e CROchet (gancio), che indicano le parti costituenti il meccanismo di chiusura. Ma dietro a tanta “tecnologia” abbiamo anche alcuni punti oscuri ed uno su tutti è l'inquinamento. Normalmente il velcro mantiene la sua capacità di tenuta perfetta per un numero limitato di chiusure (stimabile a non più di 300) oltre i quali l'intervento di fattori esterni, quali peli presenti sui vestiti o tipici di tessuti come la lana, vanno a sporcare la striscia costuitita da uncini, e che riducono la sua capacità di attaccarsi alla strisci opposta. Basterebbe una semplice opera di pulizia per riavvicinarsi alle originarie capacità di chiusura, ma non sempre il risultato ottenuto è così ottimistico. Inoltre, questa capacità di raccogliere sporcizia dall'ambiente (come pollini o peli) lo renderebbe anche estremamente fastidioso per le persone affette da differenti forme allergiche.

CURIOSITA'. La NASA ha iniziato ad usare il velcro sulle navette spaziali per tenere fissati alle pareti gli oggetti, in modo da evitare che in assenza di gravità se ne vadano a zonzo con il rischio di ferire gli astronauti. Inoltre è allo studio un tipo di velcro in cui il nylon viene sostituito dall'acciaio. Un velcro di questo tipo sarebbe in grado di resistere a temperature di 800°C e carichi di oltre 35 tonnellate per metro quadro. Il tutto senza intaccare la facilità di attacco/stacco tipico di questo sistema di chiusura.

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